Rifiuti: come pagare una TARI più bassa e smaltirli meglio (con vantaggi per l'ambiente)
Di Milena Gabanelli e Simona Ravizza
Il Corriere della Sera - DATAROOM
Per chi ancora non lo sapesse: avanzi di cibi crudi e cotti, erba e foglie secche – detti anche organico o umido – possono essere trasformati in biometano. È un combustibile prodotto da fonte rinnovabile che può essere utilizzato per le auto, i camion e i mezzi pubblici e che può essere immesso nelle reti del gas per il riscaldamento. Per farlo servono impianti di digestione anaerobica (che trasformano l’umido in assenza di ossigeno). In Italia oggi ce ne sono 58 (47 dei quali al Nord), la stima è che ne servirebbero altri 30 al Centro-Sud.
Invece i rifiuti che finiscono nella raccolta indifferenziata possono essere utilizzati per produrre energia termica ed elettrica (rinnovabile al 51%). È il recupero energetico che consentono i termovalorizzatori più all’avanguardia. Oggi ce ne sono 36, ne servirebbero altri quattro (anche qui quasi esclusivamente al Centro-Sud).
I calcoli di quanti impianti sono necessari all’Italia per consentire un circolo virtuoso dei rifiuti che produciamo in un anno sono nel nuovo report di Utilitalia, la federazione che riunisce le aziende dei servizi pubblici dell’acqua, dell’ambiente, dell’energia elettrica e del gas.
Vorrebbe dire dare elettricità e riscaldamento da fonte rinnovabile a 2 milioni di abitazioni, togliendo inquinamento dalle città, dove le caldaie sono responsabili del 64% delle emissioni di Co2. A Brescia il termovalorizzatore connesso alla rete di teleriscaldamento fornisce elettricità a 200 mila famiglie e scalda 60 mila appartamenti. A Torino 17 mila e copre il fabbisogno elettrico di 185 mila famiglie. È la più grande rete italiana interconnessa.
Per l’Ue la gestione dell’immondizia è la quarta maggiore fonte di produzione di gas serra in Europa dopo la combustione, l’agricoltura e l’industria. Con la situazione attuale in Italia ogni anno vengono emesse dai rifiuti 18,5 milioni di tonnellate di Co2. Il 75% arriva dalle discariche, dove buttiamo il 20% dei rifiuti, compreso l’umido nelle Regioni nelle quali non viene differenziato. Il 16% di gas serra proviene, invece, dai 107 mila viaggi dei camion che trasportano l’immondizia dalle zone senza impianti a quelle che li hanno e che percorrono ogni anno 49 milioni di chilometri. Bruxelles impone ridurre le emissioni del 30% entro 10 anni (accordo di Parigi) ed entro il 2035 di dimezzare tutto quello che buttiamo in discarica (non deve superare la quota del 10%).
Per l’Ue la gestione dell’immondizia è la quarta maggiore fonte di produzione di gas serra in Europa dopo la combustione, l’agricoltura e l’industria. Con la situazione attuale in Italia ogni anno vengono emesse dai rifiuti 18,5 milioni di tonnellate di Co2. Il 75% arriva dalle discariche, dove buttiamo il 20% dei rifiuti, compreso l’umido nelle Regioni nelle quali non viene differenziato. Il 16% di gas serra proviene, invece, dai 107 mila viaggi dei camion che trasportano l’immondizia dalle zone senza impianti a quelle che li hanno e che percorrono ogni anno 49 milioni di chilometri. Bruxelles impone ridurre le emissioni del 30% entro 10 anni (accordo di Parigi) ed entro il 2035 di dimezzare tutto quello che buttiamo in discarica (non deve superare la quota del 10%).
L’imperativo è quello di produrre meno rifiuti possibile, differenziare e riciclarli: oggi con la differenziata siamo al 61%, con forti differenze tra città e città ma per quanto riguarda l’effettivo riciclo siamo ancora al di sotto del 50%, mentre l’obiettivo da raggiungere entro il 2035 è il 65%.
L’imperativo è quello di produrre meno rifiuti possibile, differenziare e riciclarli: oggi con la differenziata siamo al 61%, con forti differenze tra città e città ma per quanto riguarda l’effettivo riciclo siamo ancora al di sotto del 50%, mentre l’obiettivo da raggiungere entro il 2035 è il 65%.
Per la realizzazione degli impianti di digestione anaerobica e dei termovalorizzatori necessari per colmare il gap infrastrutturale e per conseguire gli obiettivi previsti dall’economia circolare sarebbe necessario un investimento di circa 4,1 miliardi euro, che possono rientrare nelle politiche green del Recovery Plan. Quindi non è nemmeno un problema di soldi. Ma politico e sociale.
Significa spiegare loro quali tecnologie saranno utilizzate, quale sarà il livello di emissioni, e che più si aumenta la differenziata, meno si brucia e meno discariche ci sono. In sostanza non ci sono soluzioni miracolose e non è sopportabile scaricare sugli altri i propri rifiuti. Tutto questo oggi significa pessima qualità ambientale e tariffe più alte: 75 milioni di euro in più sulla Tari (sui 10,5 miliardi totali), il 90% dei quali a carico delle regioni del Centro-Sud. Nel 2019 la spesa per il servizio è pari a 310 euro, con forti differenze tra le aree: 273 euro al Nord, 322 euro al Centro, 355 euro al Sud. Un contesto che danneggia tutti e favorisce soltanto una sola categoria: la criminalità specializzata nel traffico di rifiuti.